Patrice Chapon, fondatore nel 1986 di Chocolat Chapon e pluripremiato Maestro Cioccolatiere parigino, è un entusiasta, non una semplice persona con una grande passione, perché la tavoletta di cioccolato è per lui l’incarnazione del sogno di regalare il desiderio, e ogni quadratino è un frammento stesso di quel desiderio. Patrice Chapon è un perfezionista e per creare il suo cioccolato bean-to-bar ha voluto ripristinare le macchine del secolo scorso nella sua Manufacture de Cacao, per realizzare il cioccolato in modo tradizionale.
Alla ricerca del cioccolato ideale, Patrice Chapon modella ogni varietà di cacao, che seleziona personalmente dai produttori scovando veri e propri tesori, a seconda dei suoi desideri e delle sue ispirazioni.
Anche le sue confezioni sono frutto di una ricerca attenta, sempre in armonia con il cioccolato che devono raccontare. Patrice Chapon – da sempre alla ricerca della maggior trasparenza, sostenibilità e qualità – nel 2010 ha deciso di creare una linea di tavolette di cioccolato gourmet. Creare una tavoletta di alta gamma è un’operazione lunga che richiede grande ricerca e sperimentazione, la giusta attrezzatura e anzitutto le migliori materie prime.
Per questo Chapon ha selezionato personalmente varietà di cacao tra le più rare al mondo. Dai pregiatissimi cacao del Sud America e del Madagascar fino a quello ancora semi sconosciuto delle Isole Fiji. Chapon ci regala un viaggio sensoriale che non mancherà di sorprendere anche i palati più esigenti.
Friis-Holm Chocolate è un’azienda danese artigianale di cioccolato bean-to-bar, nata nel 2008, che opera in sintonia con i valori sostenibili: micro ecologia, singole origini di cacao autoctone e un modello di commercio diretto. Mikkel Friis-Holm crede che sia importante comprendere un prodotto per liberare il suo potenziale e pone particolare attenzione alle tavolette di cioccolato in purezza, per questo ha partecipato in Nicaragua al progetto per ritrovare e salvaguardare le specie autoctone dimenticate da secoli. Friis-Holm è anche molto attento alla sperimentazione: è stato il primo a realizzare con successo due tavolette di cioccolato identico che differisce solo nel processo di fermentazione e a realizzare una tavoletta con la cosiddetta Bad Fermentation.
Mikkel Friis-Holm ha partecipato a un progetto affascinante in Nicaragua, in collaborazione con scienziati stranieri e agricoltori locali, per l’individuazione e la valutazione di filamenti di DNA di piante di cacao autoctone da tempo latenti in piccoli appezzamenti del paese.
Nel corso degli ultimi decenni, soprattutto a causa della globalizzazione, il cacao dell’America Centrale è andato perduto a favore del caffè economicamente più redditizio. Tuttavia l’uso storico del cacao ha un legame più forte con queste terre risalenti alla civiltà Maya più di 3000 anni fa.
Una particolare attenzione viene messa ai fenotipi specifici che sono nativi a determinati da micro ecologie.
Al momento Friis-Holm sta lavorando con 7 differenti varietà autoctone dell’America Centrale, principalmente del Nicaragua e Guatemala. Nel 2015 la International Cocoa Organization ha riconosciuto il Cacao del Nicaragua come un Cacao Fine 100%. Solo 9 paesi nel mondo hanno questo riconoscimento.
Siamo felici di ospitare oggi l’interessante articolo di Sacha Guerra che ci descrive un aspetto del Cacao molto particolare e poco conosciuto: il suo burrascosorapporto iniziale con la Chiesa cattolica.
Il 1492 è una data che segna una svolta nella Storia: Cristoforo Colombo scopre l’America, il mondo si allarga attraverso le grandi scoperte geografiche e il Cristianesimo trova nuove vie per espandersi.
Purtroppo questo comporta anche l’attuazione del primo genocidio documentato dell’umanità. I popoli precolombiani quali Aztechi, Inca e Maya soccombono sotto i colpi di spada e d’archibugio e per le malattie epidemiche diffuse nel nuovo continente dai Conquistadores e dai missionari spagnoli, colpevoli della distruzione culturale amerinda attraverso il rogo dei loro manoscritti.
La conquista del Nuovo Mondo però ha anche aspetti positivi come l’introduzione nel Vecchio Mondo di nuove specie animali e vegetali. Accanto a pomodori, patate, tabacco, mais, tacchini e pappagalli, vi è anche il cacao.
Come oggi sappiamo, dalla pianta del cacao si ricava il cioccolato. Lo conosciamo nei suoi molteplici gusti: fondente, al latte, bianco ecc. Ma se è il re dei dolci per antonomasia, è sorprendente scoprire che tale alimento in passato sia stato guardato con sospetto dalla Chiesa cattolica, in quanto ritenuto tentatore e contro i principi della Quaresima.
Già dal suo arrivo nel Vecchio Continente, il cacao ebbe uno straordinario successo anche se il clero cattolico si divise in due sulla gustosa novità.
Il dissidio scoppia tra fine Cinquecento e inizio del Seicento: la cioccolata è un cibo o è una bevanda? E dunque infrange oppure no il principio medievale liquidum non frangit (le bevande non spezzano il digiuno ecclesiastico), relativo agli alimenti della Quaresima? [1]
Su tale problema la Chiesa si spacca letteralmente in due.
Il consumo di cioccolata, allora sotto forma di tisana, viene ferocemente condannato dagli ordini religiosi degli Agostiniani e dei Domenicani, perché i soldi per l’acquisto di cacao potrebbero invece essere usati per opere pie, dato l’alto costo del prodotto, mentre è favorito dall’ordine dei Gesuiti [2] [1].
Il dibattito si anima per il fatto che il cacao è un alimento molto burroso e “peccaminoso” grazie all’estasi creata dal suo gusto: questo secondo Francisco de Quevedo [5], scrittore e poeta spagnolo.
La polemica è talmente forte che nel 1636 si arriva a una vera e propria disputa tra uomini dotti. Per l’erudito spagnolo Antonio de Léon Pinelo, nato nei possedimenti della Nuova Spagna e autore di Questione morale se il cioccolato rompa il digiuno ecclesiastico, il consumo di cioccolata non è da considerarsi un peccato nella Quaresima, perché una mezz’oncia non infrange tale digiuno; tuttavia egli afferma anche che la bontà eccessiva potrebbe portare a debolezza morale [1].
A sostegno di Pinelo vi è il gesuita Antonio Escobar y Mendoza, il quale nella sua Teologia morale afferma che il consumo di cioccolata non è un peccato sempre nella quantità di una oncia, più una mezza oncia di zucchero, sciolta in acqua. [2] [3].
Per contro vi è la posizione del medico Juan de Cardenas, che definisce il cacao un alimento vero e proprio a causa del suo elevato apporto calorico anche quando è in forma liquida [1].
Di posizioni più moderate sono il cardinale Francesco Maria Brancaccio e il cardinale Juan de Lugo, entrambi degustatori della bevanda.
Ciò che è certo è che paradossalmente la cioccolata si diffonde e conquista anche la Curia romana [1] [3].
Alla domanda se il consumo di cioccolato sia dannoso o utile, la risposta è la più ovvia: dipende dall’uso che se ne fa.
Il cioccolato è un alimento e potremmo citare le parole del grande Primo Levi: sei abbastanza dotto da saper valutare se dall’uovo che stai covando sguscerà una colomba o un cobra o una chimera o magari nulla [4].
Ringraziamo ancora Sacha Guerra e invitiamo chi voglia raccontare storie inusuali sul cacao o sugli altri prodotti presenti in Aruntam a spedire i propri scritti a info@aruntam.com.
Buon cioccolato a tutti!
Fonti: https://unapennaspuntata.wordpress.com/2010/08/02/pillole-di-storia-la-chiesa-e-il-cioccolato/[1] -http://it.aleteia.org/2014/02/19/qual-e-il-ruolo-della-cioccolata-nella-storia-della-chiesa/[2] – http://www.blitzquotidiano.it/libri/la-cioccolata-cattolica-si-puo-bere-oppure-no-1795454/[3] – Primo Levi Covare il cobra, 11 settembre 1986, in Opere II, Einaudi, Torino 1997 [4]
Tutti abbiamo dei ricordi legati all’infanzia che ci riportano alle nostre radici più autentiche.
Per questo motivo voglio riferire ai lettori di Aruntam il racconto di Mariela che spero aiuterà a comprendere quanto siano importanti alcuni alimenti, per noi italiani “nuovi” o “esotici”, nella cultura e nelle tradizioni di altri paesi.
Per parlarvi dell’importanza della Quinoa nella mia vita, vorrei raccontarvi una esperienza della mia infanzia.
Come molti di voi sanno, i bambini tendono ad avere una certa preferenza per alcuni alimenti, rifiutandone altri: io in particolare non volevo mangiare la Quinoa.
Mia nonna, con cui ho passato tantissimo tempo da piccola, preparava numerosi piatti a base di Quinoa e amava ripetere che era un alimento eccellente che ci avrebbe fatto diventare forti e sani.
Provava in mille modi a convincere me e i miei cugini a mangiare la zuppa di Quinoa con patate e maiale. Preparava anche per colazione una “colada”, una bevanda dolce e calda a base di Quinoa a cui a volte aggiungeva l’uva passa, oppure i biscotti fatti con la farina di Quinoa.
Mia nonna provava a convincermi in tutti i modi. Una volta le è sfuggito che la zuppa era fatta di vermicelli (vista la forma della Quinoa una volta cotta in brodo) e questo, invece di motivarmi a mangiare, mi aveva molto spaventato.
Tutto questo durò fino a quando, durante un fine settimana, mia nonna preparò per il marito una bella zuppa di Quinoa e mio nonno, disturbato dalle nostre facce disgustate, ci sgridò e aggiunse che avremmo dovuto mangiare la Quinoa volentieri perché, se lo avessimo fatto, ci avrebbe ricompensato con una bella favola.
Noi, incuriositi, mangiammo velocemente la nostra zuppa e il nonno, come promesso, ci raccontò questa storia che non ho mai dimenticato.
Si dice che una volta, tanti anni fa, al tempo dei nostri antenati Inca, un bambino fin dalla tenera età si occupasse di sorvegliare gli orti: Las Chacras. Il bambino cresceva nei campi e, diventato giovane, venne incaricato di custodire Las Chacras di notte per evitare che qualcuno rubasse i prodotti. A volte il giovane andino si sdraiava sul prato per osservare le stelle e fu così che, una sera, notò una fulgida stella dorata il cui splendore lo conquistò. Da quel momento ogni sera il ragazzo sognava di stare vicino alla sua amatissima stella. Una notte, una di quelle in cui il cielo è più limpido delle altre, il giovane affascinato dalla visione della sua stella concentrò lo sguardo nel cielo e vide scendere dall’alto, a grande velocità, un gigantesco Condor, che si avvicinò a lui e lo invitò a salire a cavalcioni sul suo dorso.
Il ragazzo eccitato non se lo fece ripetere e immediatamente il Condor iniziò a volare sempre più in alto, fino a quando raggiunsero la stella più bella del firmamento: una meravigliosa stella dorata ricoperta da immensi campi di Quinoa. Il giovane curioso correva entusiasta tra i rami di Quinoa sorpreso da questa nuova e strana pianta. La stella felice accolse con gioia il giovanotto dell’altopiano andino che l’aveva ammirata dalla terra ogni notte, e gli offrì subito il suo cibo. Fu così che lui assaggiò per la prima volta la Quinoa. La stella gli rivelò i grandi poteri di questo alimento. Per qualche tempo il giovane rimase ad abitare sulla meravigliosa stella, scoprendo che ogni giorno diventava un uomo più agile e intelligente. Decise di chiedere alla stella di donargli il suo cibo prezioso da condividere con gli esseri umani. La stella, che si era innamorata del ragazzo andino, acconsentì alla nobile richiesta e gli permise di tornare sulla terra con i semi di Quinoa. Il giovane tornò al suo popolo e immediatamente seminò la Quinoa. Da quel momento la Quinoa diventò parte della dieta degli Incas. Capirono subito l’alto valore nutritivo dell’alimento e come consumarlo perché li faceva diventare più forti e più sani. Si dice che gli Incas ringraziassero la preziosa stella per questo generoso dono offrendo sacrifici, e che il ragazzo ogni sera si sdraiasse nel campo per contemplare la sua adorata bellezza.
Questa è la storia che mio nonno mi raccontò, come aveva fatto suo nonno con lui, e così via via indietro nel tempo, e con la quale riuscì a farmi apprezzare le pietanze deliziose preparate con la Quinoa da mia nonna.
Quando avrò i miei bambini racconterò anche a loro questa storia.
Forse è vera, o forse è solo un mito… ma di certo c’è il potere generoso di questo alimento.
Siamo lieti di annunciare che il 28 giugno, presso la Montclair State University – New Jersey – sono stati consegnati i premi degli International Chocolate Awards 2016, nel Round per le Americhe – Asia – Pacifico.
Gli International Chocolate Awards sono una competizione indipendente che mira a riconoscere e valorizzare le eccellenze mondiali nel campo del cioccolato fine promuovendo la qualità e supportando i contadini del cacao in tutto il mondo.
I produttori presenti in Aruntam: Pacari, Cacaosuyo e Marou hanno ricevuto numerosi premi a riconferma dell’altissima qualità dei loro prodotti. Riportiamo per chiarezza solo i premi vinti dai nostri produttori, l’elenco completo è disponibile sulla pagina ICA. Complimenti a tutti i vincitori per questo importantissimo riconoscimento!
Plain/origin dark chocolate bars
Silver: Pacari Chocolate (Ecuador) – Lacumbia 70%
Silver: Pacari Chocolate (Ecuador) – Los Rios 72%
Silver: Pacari Chocolate (Ecuador) – Montubia 70%
Silver: Pacari Chocolate (Ecuador) – Piura 70%
Silver: Pacari Chocolate (Ecuador) – Tutu Iku 70%
Bronze: Cacaosuyo (Peru) – Piura Select
Bronze: Marou – Faiseurs de Chocolat (Vietnam) – Dong Nai 72% Pod-to-Bar
Siamo molto felici di annunciare che due produttori di Aruntam – Åkesson´s e Marou – hanno vinto numerosi premi agli Academy of Chocolate Awards 2016.
L’Academy of Chocolate è stata fondata nel 2005 in Gran Bretagna.
I membri dell’Accademia si incontrano per gustare e discutere tutto ciò che riguarda il Cacao, dall’albero alla tavoletta. Lo scopo è quello di dare alle persone la possibilità di assaporare e conoscere il cioccolato finissimo e apprezzarlo grazie alla consapevolezza di una miriade di fattori: varietà genetica e come si coltivano i semi di Cacao, l’importanza del processo di fermentazione ed essiccazione, e tutto ciò che è necessario per creare un cioccolato gourmet di altissima gamma.
In quest’ottica vengono consegnati ogni anno i premi ai produttori di cioccolato che si sono distinti nel panorama mondiale.
*Dark Bean to Bar Under 80% / Fondente Bean-to-Bar inferiore all’80% Cacao GOLD
Akesson’s Organic Akesson’s Madagascar 75% Criollo Cacao SILVER
Akesson’s Organic Akesson’s Bali 75% Trinitario Cacao
Marou Marou Treasure Island BRONZE
Akesson’s Organic Brazil 75% Forastero Cocoa
Marou Marou Dak Lak
*Dark Bean to Bar Over 80% / Fondente Bean-to-Bar oltre l’80% Cacao GOLD
Akesson’s Organic Akesson’s 100% Madagascar Criollo Cocoa
*Bean to Bar Milk Over 45% / Al latte Bean-to-Bar oltre al 45% BRONZE
Akesson’s Akesson’s 55% Brazilian Dark Milk Chocolate
*White Chocolate Bar Unflavoured / Cioccolato Bianco senza aromi SILVER
Akesson’s Akesson’s 43% Madagascar White Chocolate
Questa è la libera traduzione di una antica leggenda del popolo Shuar che ben chiarisce quanto sia importante per loro il rito di bere la Guayusa.
Una mattina molto presto Mashurca, il più giovane degli Shuar, di carattere allegro, uscì baldanzoso per andare al fiume e mentre si tuffava nelle acque tranquille giù per la corrente del fiume, gli si presentò una bella ninfa, con un vestito vaporoso e una lunga tunica simile a quella di una sposa che si perdeva nella tenue nebbiolina.
Si fermò fluttuando nelle acque e gli disse di non avere paura di lei perché era conosciuta come una dea (Tzunky) buona, che veniva solo per insegnargli a preparare la tradizionale Guayusa, le cui foglie portava nelle sue braccia tornite.
Consegnò le foglie a Mashurca dandogli alcuni consigli per il loro uso.
Il giovane, seguendo le indicazioni ricevute, preparò la bevanda aromatica e tutti gli amici restarono molto compiaciuti e meravigliati.
Da quel momento Mashurca ebbe l’incarico di cuocere la pozione tutte le mattine, però nessuno sapeva quale fosse il suo segreto, poiché all’alba andava al fiume a ricevere la Guayusa che la dea gli portava.
Passò del tempo e molte lune in questo modo.
Fino a quando una mattina la misteriosa Tzunky, che si era innamorata del giovane Shuar, gli propose di percorrere con lei gli intricati cammini della grande foresta, varcando le cascate e i greti cristallini dei fiumi, per portare il segreto della Guayusa fino ai paesi più remoti.
Come ricompensa prometteva di donargli a ogni alba l’eterna giovinezza, per sempre.
Mashurca aveva paura e non accetto l’offerta della dea dei venti, dei boschi e dell’acqua.
Accadde quindi che, ferita nella sua vanità e nella sua superbia, la maga lo trasmutò in un fitto albero dalla figura umana per fare ombra agli uccelli.
Mille farfalle di bei colori volteggiavano tra i suoi rami e spargeva nell’ambiente fragranze profumate.
Quella mattina non vi fu la calda bevanda e tutti andarono a cercare Mashurca, però trovarono solamente, in riva al fiume, un albero frondoso di Guayusa dalle foglie verdi.
La leggenda narra che dovettero passare molte stagioni e molti soli affinché il giovane Shuar recuperasse la sua figura maschia e la sua personalità come uomo della foresta.
Il nome Cacaosuyo deriva dall’unione delle parole “Cacao” e “Suyo” che in lingua quechua significa regione, infatti l’impero Inca era chiamato Tahuantinsuyo: territorio di quattro regioni (Ecuador, Bolivia, Cile e Perù). Cacaosuyo cerca di preservare il sapore unico del cacao fine che si sviluppa in tutto Tahuantinsuyo, in particolare in Perù.
Cacaosuyo nasce nel 2012 quando un gruppo di imprenditori appassionati decide di creare un cioccolato di prima qualità in Perù. Il primo proposito è quello di preservare la genetica del cacao Fino e De Aroma. Tutto questo viene fatto a stretto contatto con i contadini delle diverse regioni perché entrino in pieno diritto nella catena di valori del Cacao, coltivando un prodotto di qualità e migliorando allo stesso tempo le loro condizioni di vita economica, sociale e culturale.
La fabbrica si trova a Lima e si distingue dalle altre aziende per l’innovazione dei suoi processi produttivi. Cacaosuyo lavora solo cacao pregiato come quello nascosto nella vastità dell’Amazzonia peruviana o nella regione di Piura, dove cresce il rarissimo Cacao Blanco, un cacao albino, dalla cremosità sorprendente con note citriche e di noce.
L’altissima qualità raggiunta da Cacaosuyo lo ha portato a vincere già numerosi premi internazionali. Per esempio il Piura Milk agli International Chocolate Awards di Londra 2015 ha vinto l’Oro Mondiale per la miglior tavoletta di cioccolato al latte al mondo e il premio “Best in competition”.
Scoprite il cioccolato Cacaosuyo e svelerete il segreto meglio celato dagli Inca.
Arriva anche in Italia, a Milano, quella che è la più importante manifestazione mondiale dedicata al “cibo degli dei”: il Salon du Chocolat di Parigi. Aruntam, come sempre attento alle innovazioni, non poteva mancare questa occasione per presentare i suoi marchi di eccellenza, consentendo al pubblico di scoprire dal vivo la qualità dei suoi prodotti.
Per tre giorni, dal 13 al 15 febbraio al The Mall di Porta Nuova Varesine, sarà possibile scoprire tutti i segreti dell’alimento più amato da tutti.
Potrete scoprire tutto l’aroma e il gusto dei pluripremiati: Pacari, Donna Elvira, Marou, Gustolato, Åkesson’s e Cacaosuyo.
Ognuno di loro sarà in grado di suscitare delle esperienze sensoriali uniche, superando i confini dello spazio e del tempo, per raggiungere con facilità i quattro continenti in cui oggi si produce la miglior qualità di cioccolato possibile.
Vi aspettiamo a #Chocoshopping, la grande area dedicata agli acquisti, per farvi scoprire cosa significa assaggiare un vero Native Joyfood.
Degustare è un’arte e un rituale codificato dalla nostra esperienza che coinvolge tutti i sensi.
Sarebbe importante mangiare non come semplice nutrimento, ma per trovare un arricchimentomentale oltre che fisico.
Questo è particolarmente importante quando si parla di cioccolato.
Ogni volta che degustiamo del cioccolato dovremmo concentrarci permettendo al nostro cervello, il nostro archivio mnemonico, di riconosceresapori e profumi “registrati” in precedenza.
Esistono corsi specifici per diventare ChocolateTaster,che potremmo definire un “sommelier del cioccolato”, in pratica una persona in grado di riconoscere tantissimi profumi e sapori quando degusta un cioccolato fondente, non perché vengano aggiunte altre sostanze al cioccolato, ma perché il cacao stesso, a seconda della provenienza e della lavorazione, sprigiona profumi e sapori che la nostra mente è in grado di riconoscere.
Per degustare al meglio il cioccolato, senza essere dei Chocolate Taster, possiamo seguire quattro semplici regole. Guardiamolo: deve essere compatto, il colore deve essere uniforme e la superficie omogenea, brillante, senza imperfezioni. Annusiamolo: concentriamoci sul suo profumo per scoprire l’intensità e la ricchezza di note aromatiche. Ascoltiamolo: quando spezziamo la tavoletta con le dita deve fare il tipico “snap” netto.
Ora chiudiamo gli occhi e gustiamolo: lasciamo sciogliere il cioccolato in bocca, lentamente, senza spezzarlo con i denti. Apprezziamo il suo sapore e tutti gli aromi che siamo in grado di riconoscere e basterà un solo pezzettino per regalarci una sensazione piacevole molto a lungo.
È importantissimo come conserviamo il cioccolato. La temperatura ideale è tra i 16 e i 20 °C, con una umidità relativa inferiore al 50%. Bisogna evitare la luce diretta e le fonti di calore: il cioccolato è molto sensibile agli shock termici che possono deteriorarlo. Non conserviamo il cioccolato in frigorifero o in dispensa se non è ben sigillato, o rischieremo di avere una tavoletta contaminata dai profumi delle altre pietanze presenti.
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