Cacao: pianta della discordia o di glorificazione rituale?
Siamo felici di ospitare oggi l’interessante articolo di Sacha Guerra che ci descrive un aspetto del Cacao molto particolare e poco conosciuto: il suo burrascoso rapporto iniziale con la Chiesa cattolica.
Il 1492 è una data che segna una svolta nella Storia: Cristoforo Colombo scopre l’America, il mondo si allarga attraverso le grandi scoperte geografiche e il Cristianesimo trova nuove vie per espandersi.
Purtroppo questo comporta anche l’attuazione del primo genocidio documentato dell’umanità. I popoli precolombiani quali Aztechi, Inca e Maya soccombono sotto i colpi di spada e d’archibugio e per le malattie epidemiche diffuse nel nuovo continente dai Conquistadores e dai missionari spagnoli, colpevoli della distruzione culturale amerinda attraverso il rogo dei loro manoscritti.
La conquista del Nuovo Mondo però ha anche aspetti positivi come l’introduzione nel Vecchio Mondo di nuove specie animali e vegetali. Accanto a pomodori, patate, tabacco, mais, tacchini e pappagalli, vi è anche il cacao.
Come oggi sappiamo, dalla pianta del cacao si ricava il cioccolato. Lo conosciamo nei suoi molteplici gusti: fondente, al latte, bianco ecc. Ma se è il re dei dolci per antonomasia, è sorprendente scoprire che tale alimento in passato sia stato guardato con sospetto dalla Chiesa cattolica, in quanto ritenuto tentatore e contro i principi della Quaresima.
Già dal suo arrivo nel Vecchio Continente, il cacao ebbe uno straordinario successo anche se il clero cattolico si divise in due sulla gustosa novità.
Il dissidio scoppia tra fine Cinquecento e inizio del Seicento: la cioccolata è un cibo o è una bevanda? E dunque infrange oppure no il principio medievale liquidum non frangit (le bevande non spezzano il digiuno ecclesiastico), relativo agli alimenti della Quaresima? [1]
Su tale problema la Chiesa si spacca letteralmente in due.
Il consumo di cioccolata, allora sotto forma di tisana, viene ferocemente condannato dagli ordini religiosi degli Agostiniani e dei Domenicani, perché i soldi per l’acquisto di cacao potrebbero invece essere usati per opere pie, dato l’alto costo del prodotto, mentre è favorito dall’ordine dei Gesuiti [2] [1].
Il dibattito si anima per il fatto che il cacao è un alimento molto burroso e “peccaminoso” grazie all’estasi creata dal suo gusto: questo secondo Francisco de Quevedo [5], scrittore e poeta spagnolo.
La polemica è talmente forte che nel 1636 si arriva a una vera e propria disputa tra uomini dotti. Per l’erudito spagnolo Antonio de Léon Pinelo, nato nei possedimenti della Nuova Spagna e autore di Questione morale se il cioccolato rompa il digiuno ecclesiastico, il consumo di cioccolata non è da considerarsi un peccato nella Quaresima, perché una mezz’oncia non infrange tale digiuno; tuttavia egli afferma anche che la bontà eccessiva potrebbe portare a debolezza morale [1].
A sostegno di Pinelo vi è il gesuita Antonio Escobar y Mendoza, il quale nella sua Teologia morale afferma che il consumo di cioccolata non è un peccato sempre nella quantità di una oncia, più una mezza oncia di zucchero, sciolta in acqua. [2] [3].
Per contro vi è la posizione del medico Juan de Cardenas, che definisce il cacao un alimento vero e proprio a causa del suo elevato apporto calorico anche quando è in forma liquida [1].
Di posizioni più moderate sono il cardinale Francesco Maria Brancaccio e il cardinale Juan de Lugo, entrambi degustatori della bevanda.
Ciò che è certo è che paradossalmente la cioccolata si diffonde e conquista anche la Curia romana [1] [3].
Alla domanda se il consumo di cioccolato sia dannoso o utile, la risposta è la più ovvia: dipende dall’uso che se ne fa.
Il cioccolato è un alimento e potremmo citare le parole del grande Primo Levi: sei abbastanza dotto da saper valutare se dall’uovo che stai covando sguscerà una colomba o un cobra o una chimera o magari nulla [4].
Ringraziamo ancora Sacha Guerra e invitiamo chi voglia raccontare storie inusuali sul cacao o sugli altri prodotti presenti in Aruntam a spedire i propri scritti a info@aruntam.com.
Buon cioccolato a tutti!
Fonti: https://unapennaspuntata.wordpress.com/2010/08/02/pillole-di-storia-la-chiesa-e-il-cioccolato/[1] -http://it.aleteia.org/2014/02/19/qual-e-il-ruolo-della-cioccolata-nella-storia-della-chiesa/[2] – http://www.blitzquotidiano.it/libri/la-cioccolata-cattolica-si-puo-bere-oppure-no-1795454/[3] – Primo Levi Covare il cobra, 11 settembre 1986, in Opere II, Einaudi, Torino 1997 [4]